Presentazione
dell’icona biblica dell’anno associativo 2013-2014 di Azione Cattolica
Tutti
quelli che troverete, chiamateli.
Dal
Vangelo secondo Matteo
In
quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai
farisei] e disse:«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di
nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle
nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con
quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei
buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle
nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai
propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora
il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede
alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è
pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e
tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei
servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle
nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse
un uomo che non indossava
l’abito
nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”.
Quello
ammutolì.
Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle
tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma
pochi eletti».
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Innanzitutto
precisiamo che il regno di Dio è espressione che indica Cristo e l’avventura
cristiana. Dio ci invita ad entrare nelle nozze, cioè ad essere nella gioia
insieme con lui, certi che solo con lui vi è gioia vera.
Tre
immagini riassumono la parabola:
-
la sala della festa;
-
le strade;
-
l'abito nuziale.
1.
La sala della festa rimane
vuota e triste, fotografia impietosa del fallimento del re: nessuno vuole il
suo regalo, nessuno partecipa alla sua gioia. Perché gli invitati non rispondono
al suo invito? I primi invitati non rispondono, perché hanno perso la gioia del
cuore dietro alle cose e agli affari. Qui è in gioco la questione delle
priorità. È istruttivo osservare quali sono i motivi per cui gli invitati della
parabola rifiutano di venire al banchetto. Matteo dice che essi non si curarono
dell’invito perché andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari. Il
Vangelo di Luca, su questo punto, è più dettagliato e presenta così le
motivazioni del rifiuto:«Ho comprato un campo e devo andare a vederlo... Ho
comprato cinque paia di buoi e vado a provarli... Ho preso moglie e perciò non
posso venire» (Lc 14, 18-20). Cosa hanno in comune questi diversi
personaggi? Tutti e tre hanno qualcosa di urgente da fare, qualcosa che non può
aspettare, che reclama subito la loro presenza. E cosa rappresenta invece il
banchetto nuziale? È la gioia di avere Gesù con sé, di stare con lui. Qualcuno
può obiettare che per stare con lui Gesù ci chieda di abbandonare le nostre
occupazioni, gli affari, gli affetti. Invece qui Gesù parla di un’offerta di
gioia, di festa. Gesù ci chiede di fondare tutto su di lui nella certezza
che non perdiamo nulla se mettiamo tutto – affetti, lavoro (pensate ai
cinque ambiti del Convegno di Verona del 2006) – nelle mani di Dio.
«Tutto è vostro [specifico meglio: lavoro, affetti, affari…], come voi siete di
Cristo», diceva san Paolo. Se non mettiamo nelle mani di Cristo il tutto che ci
appartiene, lo perderemo prima o poi, finendo in balia delle circostanze, che
ci rendono sempre più instabili e insicuri. Invece, per noi la vita è
un’inesorabile certezza, perché Cristo prepara per noi un destino buono,
sebbene ci faccia passare attraverso contraddizioni e prove perché queste non
ci rubano la certezza che Cristo è con noi. Questo è il fondamento sicuro e
affidabile della gioia cristiana, che nessuna circostanza – più o meno
favorevole – può mettere in crisi!
2.
Le strade.
Dio, che vive per creare gioia condivisa, dice ai servi: «Andate per le strade,
agli incroci, ai semafori, lungo le siepi...». L'invito sembra casuale, invece
vuole esprimere la precisa volontà che nessuno sia escluso. È bello questo
nostro Dio che quando è rifiutato, anziché abbassare le attese, le alza: chiamate
tutti! Che apre, allarga, gioca al rilancio, va più lontano; e da molti
invitati passa a tutti invitati: tutti quelli che troverete, cattivi o buoni,
fateli entrare. È il tema di quest’anno associativo. Notate: prima i
cattivi e poi i buoni. Noi non siamo chiamati perché siamo buoni e ce lo
meritiamo, ma perché diventiamo buoni, lasciandoci incontrare e incantare da
una proposta di vita bella, buona e felice da parte di Dio. Il re manda a chiamare
quelli che stanno ai crocicchi, cioè alla fine delle strade, cioè alla fine dei
propri tentativi di riuscire nella vita in qualche modo. Cioè, Dio chiama e ti
sorprende con l’invito a ricominciare, a gioire con un nuovo inizio a partire
da lui quando sei arrivato al capolinea di una vita vissuta senza lui. Quando
l’uomo mette la parola fine, è proprio questo il momento in cui Dio realizza un
nuovo inizio. Pensando al figliol prodigo giunto alla fine della sua strada (i
crocicchi) avendo sciupato la vita e la dignità, possiamo dire che se sprofondi
nel burrone là ti attende Cristo, precedendoti, per risalire insieme con lui.
«Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli
inferi, eccoti. Se prendo le ali dell'aurora per abitare all'estremità del
mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. Se dico:
“Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte”, nemmeno le
tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le
tenebre sono come luce» (Salmo 138).
3.
L'abito nuziale che un commensale non
indossa ed è gettato fuori. Questo uomo è preso dai crocicchi. Come può avere
l’abito della festa? Il problema è che bisogna leggere questo passaggio del
vangelo alla luce della ritualità ebraica del matrimonio. Nelle nozze ebraiche lo
sposo donava ai commensali la veste all’ingresso della sala. Questo uomo è
entrato rifiutando di cambiare l’abito, cioè l’habitus, lo stile di
vita, le abitudini, il modo di pensare. Ma attenzione! E’ Dio che dà la veste
nuova. C’è chi vorrebbe entrare nell’intimità con Dio, tenendo la vecchia
veste. È impossibile stare con Cristo e non cambiare abitudini. Questo dono –
l’abito nuovo – deve essere accettato, non rifiutato. Non possiamo
entrare nelle nozze senza ricevere il dono dell’abito nuovo, senza il cambio
dell’abito vecchio. L’avventura cristiana è un banchetto, è un’offerta di
gioia. La parabola ci aiuta a non sbagliarci su Dio. Noi lo pensiamo come un Re
che ci chiama a servirlo e invece è Lui che ci serve. Lo temiamo come il Dio
dei sacrifici ed è il Dio cui sta a cuore la gioia; uno che ci impone di fare
delle cose per lui e invece ci chiede di lasciargli fare cose grandi per noi,
donandoci abito nuovo, stili di vita nuovi.
L’Azione
Cattolica in tutte le sue scelte si impegni a narrare un Dio così. Auguri e
buon cammino!
Don Francesco Martignano
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