martedì 29 ottobre 2013



Presentazione dell’icona biblica dell’anno associativo 2013-2014 di Azione Cattolica


Tutti quelli che troverete, chiamateli.

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava
l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello
ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

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Innanzitutto precisiamo che il regno di Dio è espressione che indica Cristo e l’avventura cristiana. Dio ci invita ad entrare nelle nozze, cioè ad essere nella gioia insieme con lui, certi che solo con lui vi è gioia vera.

Tre immagini riassumono la parabola:

-          la sala della festa;
-           le strade;
-          l'abito nuziale.

1.       La sala della festa rimane vuota e triste, fotografia impietosa del fallimento del re: nessuno vuole il suo regalo, nessuno partecipa alla sua gioia. Perché gli invitati non rispondono al suo invito? I primi invitati non rispondono, perché hanno perso la gioia del cuore dietro alle cose e agli affari. Qui è in gioco la questione delle priorità. È istruttivo osservare quali sono i motivi per cui gli invitati della parabola rifiutano di venire al banchetto. Matteo dice che essi non si curarono dell’invito perché andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari. Il Vangelo di Luca, su questo punto, è più dettagliato e presenta così le motivazioni del rifiuto:«Ho comprato un campo e devo andare a vederlo... Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli... Ho preso moglie e perciò non posso venire» (Lc 14, 18-20). Cosa hanno in comune questi diversi personaggi? Tutti e tre hanno qualcosa di urgente da fare, qualcosa che non può aspettare, che reclama subito la loro presenza. E cosa rappresenta invece il banchetto nuziale? È la gioia di avere Gesù con sé, di stare con lui. Qualcuno può obiettare che per stare con lui Gesù ci chieda di abbandonare le nostre occupazioni, gli affari, gli affetti. Invece qui Gesù parla di un’offerta di gioia, di festa. Gesù ci chiede di fondare tutto su di lui nella certezza che non perdiamo nulla se mettiamo tutto – affetti, lavoro (pensate ai cinque ambiti del Convegno di Verona del 2006) – nelle mani di Dio. «Tutto è vostro [specifico meglio: lavoro, affetti, affari…], come voi siete di Cristo», diceva san Paolo. Se non mettiamo nelle mani di Cristo il tutto che ci appartiene, lo perderemo prima o poi, finendo in balia delle circostanze, che ci rendono sempre più instabili e insicuri. Invece, per noi la vita è un’inesorabile certezza, perché Cristo prepara per noi un destino buono, sebbene ci faccia passare attraverso contraddizioni e prove perché queste non ci rubano la certezza che Cristo è con noi. Questo è il fondamento sicuro e affidabile della gioia cristiana, che nessuna circostanza – più o meno favorevole – può mettere in crisi!

2.       Le strade. Dio, che vive per creare gioia condivisa, dice ai servi: «Andate per le strade, agli incroci, ai semafori, lungo le siepi...». L'invito sembra casuale, invece vuole esprimere la precisa volontà che nessuno sia escluso. È bello questo nostro Dio che quando è rifiutato, anziché abbassare le attese, le alza: chiamate tutti! Che apre, allarga, gioca al rilancio, va più lontano; e da molti invitati passa a tutti invitati: tutti quelli che troverete, cattivi o buoni, fateli entrare. È il tema di quest’anno associativo. Notate: prima i cattivi e poi i buoni. Noi non siamo chiamati perché siamo buoni e ce lo meritiamo, ma perché diventiamo buoni, lasciandoci incontrare e incantare da una proposta di vita bella, buona e felice da parte di Dio. Il re manda a chiamare quelli che stanno ai crocicchi, cioè alla fine delle strade, cioè alla fine dei propri tentativi di riuscire nella vita in qualche modo. Cioè, Dio chiama e ti sorprende con l’invito a ricominciare, a gioire con un nuovo inizio a partire da lui quando sei arrivato al capolinea di una vita vissuta senza lui. Quando l’uomo mette la parola fine, è proprio questo il momento in cui Dio realizza un nuovo inizio. Pensando al figliol prodigo giunto alla fine della sua strada (i crocicchi) avendo sciupato la vita e la dignità, possiamo dire che se sprofondi nel burrone là ti attende Cristo, precedendoti, per risalire insieme con lui. «Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell'aurora per abitare all'estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. Se dico: “Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte”, nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce» (Salmo 138).

3.        L'abito nuziale che un commensale non indossa ed è gettato fuori. Questo uomo è preso dai crocicchi. Come può avere l’abito della festa? Il problema è che bisogna leggere questo passaggio del vangelo alla luce della ritualità ebraica del matrimonio. Nelle nozze ebraiche lo sposo donava ai commensali la veste all’ingresso della sala. Questo uomo è entrato rifiutando di cambiare l’abito, cioè l’habitus, lo stile di vita, le abitudini, il modo di pensare. Ma attenzione! E’ Dio che dà la veste nuova. C’è chi vorrebbe entrare nell’intimità con Dio, tenendo la vecchia veste. È impossibile stare con Cristo e non cambiare abitudini. Questo dono – l’abito nuovo – deve essere accettato, non rifiutato. Non possiamo entrare nelle nozze senza ricevere il dono dell’abito nuovo, senza il cambio dell’abito vecchio. L’avventura cristiana è un banchetto, è un’offerta di gioia. La parabola ci aiuta a non sbagliarci su Dio. Noi lo pensiamo come un Re che ci chiama a servirlo e invece è Lui che ci serve. Lo temiamo come il Dio dei sacrifici ed è il Dio cui sta a cuore la gioia; uno che ci impone di fare delle cose per lui e invece ci chiede di lasciargli fare cose grandi per noi, donandoci abito nuovo, stili di vita nuovi.

L’Azione Cattolica in tutte le sue scelte si impegni a narrare un Dio così. Auguri e buon cammino!
     Don Francesco Martignano

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