Piazza Madonna dei Poveri 1, Milano
La chiesa della Madonna dei Poveri, dall’aspetto esteriore disadorno e quasi rude e dal linguaggio architettonico interno essenziale e brutale, che lascia alla sincerità dei materiali ed al gioco della luce naturale
il compito di coinvolgere emozionalmente, non può essere compresa appieno se non riportandola al contesto storico in cui si colloca. Essa appartiene al novero degli edifici di culto di nuova edificazione che affrontano il delicato compito d’inserirsi nel panorama post bellico di una città che non solo si va ricostruendo, ma che deve anche trovare un equilibrio urbano all’espansione delle sue periferie, cui convergono possenti flussi migratori.
L'ESTERNO
In questo quadro si confrontano da un lato la volontà della Diocesi milanese, per voce dell’allora cardinale Ildefonso Schuster, di essere attivamente presente nella ricomposizione del tessuto sociale cittadino accompagnandolo ad una diffusa presenza di chiese, fulcro dell’identità comunitaria e dall’altro, l’esigenza degli architetti milanesi di proporre tipologie ecclesiali che fossero finalmente espressione del rinnovamento linguistico-architettonico nato con il Movimento Moderno.
LA FACCIATA
Nel 1995 l’insediamento del nuovo cardinale, Giovanni Battista Montini,
produce un rinnovato impulso a questi temi ed appena un anno dopo Figini
e Pollini consegnano alla comunità della periferia lavoratrice di
Baggio, unedificio di culto che si riveste di una estetica
industriale, quasi un capannone appena ingentilito dall’inserimento di partiti murari in laterizio a vista (ma la facciata incompiuta prevedeva un quadriportico).
IL FACCIATA ORIGINARIA
Definito
da un modulo di 14x10 metri a quattro pilastri, lo spazio interno
tripartito, dove prevale l’essenzialità brutale del cemento a vista,
definisce una sua mistica tutta interiore, che non ricerca il rapporto
con l’esterno se non grazie all’uso drammatico della luce filtrata dalla
tessitura discontinua dei setti che a coronamento della navata centrale
definiscono i pseudo-matronei e da quella intensa e diretta proveniente
dall’ampio lucernario sovrastante il presbiterio.
IL LUCERNARIO
L’effetto
combinato di materiali grezzi e luci contrastate esalta il dettaglio
strutturale delle due travi passanti traforate che sostengono il tiburio
ad una delle quali è sospesa l’emozionante croce decorata a smalti,
opera di Padre Costantino Ruggeri.
LA SPENDIDA CROCE DECORATA
«Nella relazione che accompagna il progetto gli architetti insistono particolarmente sulla specificità tipologica
dell’edificio
(…) vengono così enunciati alcuni temi portanti: l’idea di costruzione
armonica (a partire dall’esagono del coro che racchiude l’altare – punto
focale dell’intera pianta − la costruzione è organizzata sulla base di
“tracciati regolatori” derivanti da combinazioni di esagono, cerchio e
quadrato); la dichiarata adesione alla tradizione ambrosiana con
l’altare rivolto verso i fedeli (…); la riproposizione di caratteri
presenti nella lunga tradizione ecclesiale occidentale (partizione dello
spazio in tre navate, presenza del pronao, battistero esterno anteposto
alla facciata, “cripta” sotto il presbiterio, pseudomatronei, presenza
della cappella feriale che gli architetti – avendone fatto una specie di
giardino interno – chiamano “cappella – hortus conclusus”. Ne deriva
ciò che Figini descriveva come “primato dell’interno” dove la luce
regola le forme e defi nisce gli spazi» (1).
L'ALTARE
La Madonna dei Poveri di
Luigi Figini e Gino Pollini è forza vibrante del puro essenziale:
primato dell’interno che si apre alla matericità apparentemente atona di
superfi ci scabre per lasciare che sia la luce, condotta mirabilmente
da mani invisibili, a disegnare lo spazio dando sostanza e volume alle
forme così come alle assenze di forma. Modulazione vibrante che parla il
linguaggio di una spiritualità intensa ed universale che coglie il
credente così come l’ateo, quasi di sorpresa, dopo il primo diffidente
incontro nel tessuto urbano con un volume indifferente, quasi
inquietante per l’inespressività violenta del linguaggio industriale.
MARCO BORSOTTI
LA SPENDIDA NAVATA CENTRALE
LA NAVATA CENTRALE VISTA DAL PRESBITERIO
LA NAVATA LATERALE (DESTRA)
(FOTO DI ENRICO TOGNI)
(1) S. Giordani, A. Turella, Catalogo delle opere, in V. Gregotti, G.
Marzari, Luigi Figini e Gino Pollini. Opera completa, Milano, Electa,
1996, pg. 374-379.
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